Operazioni escluse dalla formazione del prorata di detrazione dell’IVA

L’Agenzia delle entrate ha affermato che non concorrono alla formazione del prorata di detrazione dell’IVA le cessioni di fabbricati qualificati quali beni fiscalmente ammortizzabili ai fini delle imposte dirette (Agenzia delle entrate, risposta 3 agosto 2023, n. 413).

L’istante, un’impresa costruttrice che opera in qualità di stazione appaltante attraverso l’affidamento di appalti a imprese terze, ha chiesto all’Agenzia delle entrate di confermare che sia le cessioni di fabbricati abitativi sia le cessioni di fabbricati strumentali rientrino tra le operazioni attive rilevanti ai fini della determinazione della percentuale di detrazione, secondo la corretta interpretazione del concetto di ”bene ammortizzabile” e se rientrino comunque fra le operazioni attive rilevanti ai fini della determinazione della percentuale di detrazione le cessioni di fabbricati abitativi in quanto questi si qualificano anche come ”beni non ammortizzabili”, ai fini delle imposte sui redditi.

 

Ai fini della determinazione dell’IVA dovuta, chiarisce l’Agenzia, l’articolo 19 del D.P.R n. 633/1972 prevede la possibilità di detrarre dall’imposta relativa alle operazioni effettuate quella assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni e servizi acquistati o importati nell’esercizio di impresa arte o professione. Al secondo comma dello stesso articolo 19 è prevista, inoltre, l’indetraibilità dell’imposta relativa all’acquisto di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta.

 

Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19­bis, il quale dispone, tra l’altro, al primo comma che la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo.

 

In sostanza, per i soggetti che effettuano sia operazioni imponibili sia operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633/1972, il diritto alla detrazione dell’IVA spetta in misura proporzionale alle prime e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui al citato articolo 19­bis, ossia in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo, cd. “prorata” di detrazione.

Sempre il suddetto articolo 19­bis, al secondo comma, dispone che per il calcolo della percentuale di detrazione non si debba tener conto delle cessioni di beni ammortizzabili.

 

Tale ultima previsione recepisce nell’ordinamento interno quanto stabilito dall’articolo 174, paragrafo 2, della Direttiva IVA, secondo il quale per il calcolo del prorata di detrazione non si tiene conto dell’importo del volume d’affari relativo alle cessioni di beni d’investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa.

A tal proposito, la Corte di Giustizia UE, nella sentenza 6 marzo 2008 emessa nella causa C­98/07, Nordania Finans, ha precisato che la finalità dell’esclusione delle cessioni dei beni d’investimento dal calcolo del prorata di detrazione si giustifica per evitare che possano falsarne il significato reale nella misura in cui essi non riflettano l’attività professionale del soggetto passivo.

La stessa CGUE ha precisato che il legislatore comunitario ha quindi inteso escludere dal calcolo del prorata il fatturato relativo alla vendita di beni allorché questa vendita riveste un carattere inusuale rispetto all’attività corrente del soggetto passivo interessato e non richiede quindi un utilizzo dei beni o dei servizi ad uso misto in un modo che sia proporzionale al fatturato che genera.

 

Come già chiarito nella risposta n. 165/2020 dell’Agenzia, per l’individuazione dei beni strumentali ammortizzabili, in assenza di una definizione ai fini dell’IVA, si deve avere riguardo ai criteri per essi disposti ai fini delle imposte dirette.

In particolare, è stato chiarito che per ”beni oggetto dell’attività propria dell’impresa” devono intendersi quelli il cui impiego qualifica e realizza l’attività normalmente esercitata (commercio, lavorazione, noleggio, locazione finanziaria ecc.) e per ”beni strumentali utilizzati nell’esercizio dell’attività propria” quelli impiegati esclusivamente come mezzo per l’esercizio di detta attività e, pertanto, diversamente dai primi, inidonei, come tali, a qualificare la natura dell’attività svolta.

L’Agenzia, inoltre, fa riferimento alla circolare n. 25/1979, secondo la quale per ”attività propria dell’impresa” si deve intendere quella che normalmente ed abitualmente viene esercitata dall’imprenditore e non quindi quella svolta in maniera occasionale o, comunque, di scarsa rilevanza nell’ambito dell’impresa.

Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’articolo 19­bis, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972 e del calcolo della percentuale di detrazione, è necessario fare riferimento alla definizione di ”beni ammortizzabili”, rilevante ai fini delle imposte dirette.

 

Nel caso di specie, quindi, l’Agenzia conclude affermando che non concorreranno alla formazione del prorata le cessioni di fabbricati che l’istante ha qualificato quali beni fiscalmente ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, vale a dire diversi da quelli c.d. ”merce” di cui all’articolo 92 del TUIR e da quelli c.d. ”patrimoniali” di cui all’articolo 90 del TUIR.

 

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